La casa appassionata di Asger Jorn ad Albissola
Giorgina Bertolino
La casa che Asger Jorn realizza ad Albissola è l’avverarsi di una promessa che suona come una sfida. Nel 1954, in una lettera all’artista Enrico Baj, Jorn scrive: “La casa non deve essere ’una macchina per abitare’, ma una macchina per sorprendere e impressionare, una macchina di espressione umana universale”. La casa che Jorn acquistò nel 1957, si trova sulla collina sopra Albissola, in “Località Brucciati”. A Jorn il nome piaceva... intitolò un dipinto Bruciato e lo regalò al signor Massardo che gli aveva venduto la casa. Una vecchia casa di contadini, un rudere, fu il primo lotto acquistato. Con l’aiuto di Umberto Gambetta, Jorn lo sistemò e ne fece la propria abitazione. I lavori durarono anni. All’epoca Jorn aveva già vissuto ad Albissola, prima come ospite di Lucio Fontana a Pozzo Garitta, poi con la famiglia in un piano terra in via Isola. Nell’agosto del 1954 aveva organizzato nella cittadina ligure gli “Incontri internazionali della ceramica” quale “Prima esperienza del Bauhaus Imaginiste”. La “seconda esperienza” avrà luogo, sempre ad Albissola, nel 1955 e consisterà nella decorazione di un centinaio di piatti a opera di un gruppo di bambini. Il secondo lotto è costituito da una casa distinta dalla precedente. In parte divenne l’abitazione di Umberto Gambetta, che ne decorò la facciata con frammenti ceramici, e in parte fu adibita a studio di Jorn. Le due case erano circondate da un giardino e separate da una profonda cisterna, testimonianza dell’originaria destinazione agricola della proprietà. Un forno, addossato alla seconda casa, è divenuto un po’ un simbolo dell’abitazione. Rivestito di ciottoli bianchi e neri, porta la firma di Jorn e di Gambetta a testimonianza del lavoro comune.
Per continuare la ricognizione ci serviremo soprattutto di due immagini-guida tratte da due scritti di Guy Debord. La prima riguarda la casa di Jorn che il teorico francese definì una “Pompei alla rovescia”. La seconda è ricavata dal titolo di un altro suo scritto pubblicato su Museumjournaal nel 1958, Dieci anni d’arte sperimentale: Jorn e il suo ruolo nell’invenzione teorica. Riteniamo infatti che la casa possa essere definita un’”invenzione teorica” e che l’idea cara a Debord che la prassi preceda e garantisca anche la più “sublime delle teorie”, rispecchi le modalità di ricerca di Jorn. Nel breve scritto Sull’architettura selvaggia, firmato Guy Debord (Albissola, settembre 1972), la casa di Jorn è definita come un “piccolo villaggio”, dove “Jorn mostra come (...) ciascuno potrà intraprendere la ricostruzione della Terra attorno a sé”, la casa è un esempio della possibilità di coniugare spazio e desiderio, ambiente e passione. Attraverso la definizione di Debord è possibile risalire fino ai primi rilievi della “Città” situazionista, che si erige mediante la modifica critica e appassionata di ciò che già esiste. Cercheremo di delineare questo rapporto a partire dagli indizi che ci offre l’abitazione di Jorn. Nel “Formulario per un nuovo urbanesimo”, incunabolo della teoria situazionista per ciò che concerne l’idea di architettura e di scenario mobile, concetti essenziali per la lettura della casa ligure di Jorn, Gil Ivain scriveva: “Ci proponiamo d’inventare nuovi scenari mobili (...) L’architettura sarà (...) un mezzo per sperimentare i mille modi di modificare la vita” (IS, n. 1, maggio 1918, p. 17). Nel suo testo Immagine e forma del 1954 Jorn analogamente scrive che “L’architettonico è il punto di realizzazione ultimo di ogni tentativo artistico, perché creare un’architettura significa formare un ambiente e fissare un modo di vita”. L’architettura è il primo vero punto di contatto tra Jorn e i francesi della cerchia di Debord. Hanno in comune una critica alla foggia delle case prestabilita in funzione del consumo di massa e del controllo del potere sulla massa stessa. Le prospettive di partenza però sono diverse: per Jorn il punto d’avvio è l’estetico, per Debord il politico. La possibilità d’accordo tra le due prospettive passa attraverso una serie di parole che stanno a fondamento del “vocabolario” situazionista. Per mezzo di concetti piuttosto ampi — come quello di “ambiente”, di “provvisorio/temporaneo” — nascono parole-chiave quali “détournement”, “psicogeografia”, “deriva”, “situazione”, “gioco”. Nella casa di Jorn queste parole sono tutte reperibili, come aveva capito Debord parlando della “Pompei alla rovescia” e dei rilievi di una città mai edificata. Atteniamoci a ciò che i Situazionisti chiamano “ambiente”: concetto in stretta connessione con l’idea di “situazione”. Come si legge fra le Definizioni del primo bollettino dell’IS: “ciascuno (...) deve trovare dei desideri precisi di ambienti per realizzarli”. Possiamo senz’altro dire che la casa di Jorn è il frutto di un “desiderio preciso di ambiente”. I Situazionisti stravolgono, liberano e creano temporaneamente delle “zone”, come avviene in questa casa ligure. Creano cioè scenari, intenzionalmente temporanei, provvisori, mobili. Il termine “mobile” è riferito a ciò che si sviluppa e modifica continuamente. In uno scritto del 1955, intitolato L’architettura e il gioco (Potlatch, n. 20 30.5.1955, pp. 50-51), Debord rivela fonti e modelli: la residenza di Ludwig di Baviera, il Palazzo del Facteur Cheval, il Merzbau di Kurt Schwitters. “Tutte queste costruzioni — scrive — appartengono al carattere barocco”. Con la sua idea di spazio illusivo, dinamico e sinestetico, il barocco è funzionale all’aspirazione ad articolare quel desiderio preciso di ambiente in uno spazio fisico determinato. Anche da questo punto di vista la casa di Albissola è ricca di spunti, alcuni dei quali con rimandi iconografici quasi letterali alla ricchezza del barocco, altri che sembrano mediati dalle esperienze “barocche” di Fontana. Più in generale si potrà dire che la casa ligure di Jorn può essere riferita allo spazio complesso del Barocco per il suo uso della voluta e della piega che non solo riguarda le parti a muro, ma lo stesso giardino e la stessa idea di spazio.
Estratto dagli Atti del Convegno “La tradizione locale della ceramica e la globalizzazione dell’arte contemporanea”, 19/20 ottobre 2002, Fortezza del Priamàr, Savona.