La ragione d'essere della Biennale della Ceramica d'Albisola
Francois Burkhardt
Situazione generale del mercato e dell’artigianato
Per comprendere appieno la grandezza culturale e i meriti di un’operazione come quella lanciata dalla Biennale della Ceramica di Albisola, è necessario ricollocare tale operazione nel contesto particolarmente difficile della produzione di artigianato locale in Italia oggi, all’inizio del XXI secolo.
La crisi che attraversa il settore della ceramica in Italia da più di trent’anni riflette infatti quella che investe tutto il settore dell’artigianato nell’Europa occidentale. Si tratta di una crisi tripla, inerente allo sviluppo incontrollato della società industriale postmoderna: innanzitutto, la crisi colpisce l'organizzazione della distribuzione nell’ambito di un sistema produttivo dai limiti poco definiti, in particolare a causa della messa sul mercato, contemporaneamente e a basso prezzo, di prodotti concorrenziali, senza contare le esigenze di una produzione in grado di accordarsi con le nuove condizioni e garantire l’equilibrio tra ambiente naturale e industriale, un ambito in cui l'artigianato è destinato ad apportare un contributo non trascurabile. In secondo luogo, la crisi interessa il riconoscimento del valore culturale dell’artigianato di qualità e il riconoscimento del ruolo centrale che l’artigianato può assumere come modello per una produzione più avanzata e riattualizzata nella sua iconografia. Infine, la crisi colpisce il settore della formazione, che oggi non è più in grado di assicurare una reale trasmissione dei saperi; infatti, in seguito all’evidente calo dei guadagni degli artigiani e all'aumento dei carichi sociali che vanno a sommarsi a politiche di tassazione eccessiva, tutto il settore ha subito un progressivo, ma risaputo, degrado delle competenze professionali.
Si può così affermare senza esitazioni che la crisi generale del settore dell’artigianato sia dovuta agli svantaggi innegabili di cui hanno sofferto le piccole imprese, proprio mentre le grandi imprese e i trusts internazionali sono stati nettamente avvantaggiati e protetti dalla politica di un sistema economico globalizzante. La ripresa dell'artigianato, e in particolar modo quella di un autentico artigianato di qualità, dipende in primo luogo da un rimaneggiamento profondo dei rapporti tra artigianato e industria sul piano concettuale, ma allo stesso modo sul piano fiscale, qualcosa che oggi è difficilmente immaginabile, vista la situazione deficitaria della maggioranza degli stati interessati. Tuttavia, e prima di tutto, è indispensabile realizzare un cambiamento radicale nell’atteggiamento riguardante gli obiettivi fissati dal management e da una classe politica ancora accecata dal potere d'attrazione della crescita annuale del prodotto interno lordo che dovrebbe, in questa visione, inseguire una crescita perpetua, nonostante il livello di saturazione dei mercati sia già stato raggiunto. Soltanto la comparsa d’una nuova e autentica cultura produttiva, che abbia come asse portante un’etica scrupolosamente rispettosa delle regole dell'ecocompatibilità e basata sull’effettiva domanda del mercato e sul consumo realmente corrispondente ai bisogni della collettività, può restituire credibilità all'economia di mercato e contribuire così all'emancipazione della società del XXI secolo, consapevole di questi problemi e pronta a confrontarsi con essi in modo democratico.
L'artigianato concepito come anticamera del prodotto industriale
Se si riesce ad adattare in questo modo la pratica artigianale alla realtà del mercato, della società e dell’ambiente attuali, essa conserverà tutte le sue ragioni d’esistere. Essa rappresenta infatti un’alternativa allo sviluppo industriale, un percorso che mette in evidenza e privilegia l'individuale, il plurale, la produzione in serie ridotta o i prodotti realizzati parzialmente a mano per i quali esiste ancora una domanda reale e un mercato ben identificato. Un tale artigianato potrebbe persino diventare l'anticamera di nuovi prodotti industriali, nella misura in cui funzioni come modello sperimentale per il design industriale, o come test di piccola e media portata, oltre che come terreno di controllo per future produzioni in gran serie. Poiché l'investimento in strumentazione e tecnologia rimane indiscutibilmente molto importante e oneroso, il modello artigianale o semi-artigianale è senza alcun dubbio il più adeguato per la realizzazione dei prototipi indispensabili a una ulteriore produzione in gran serie. La realizzazione di prototipi resta ancora oggi un campo riservato all'artigianato, o che comunque funziona secondo modalità artigianali anche all’interno delle grandi aziende. Walter Gropius aveva già riconosciuto nel 1935 il ruolo sperimentale dell'artigianato, quando aveva affermato: «l'industria e l'artigianato sono e saranno sempre molto prossimi. L'artigianato si è trasformato rispetto al suo passato e l'artigianato futuro prenderà la forma di una nuova unità al cui interno si ricongiungeranno il lavoro di sperimentazione e la produzione industriale » (in The New Architecture and the Bauhaus).
L'artigianato riveste tuttora un ruolo importante nella produzione made in Italy
Malgrado i progressi delle tecniche di simulazione informatica a tre dimensioni e l'integrazione delle nuove tecnologie in generale, si può affermare che la produzione industriale italiana, nei diversi settori, sia tuttora sostenuta da una pratica di tipo artigianale che si rivela indispensabile per la sua buona realizzazione, e questo accade su più livelli. Per esempio, i settori dell’arredamento, della moda e degli accessori, come quelli delle arti della tavola, tutti settori decisivi sul mercato italiano dell'esportazione, non possono funzionare in maniera efficace senza l'artigianato. In questi settori, il contributo dell’artigianato a questo genere di produzione poggia direttamente sul rapporto con l'industria; di conseguenza, proprio in Italia una riflessione su una riattualizzazione dell’artigianato a partire dai suoi rapporti con l'industria costituisce un’idea eccellente e d'attualità, nella misura in cui le tecniche di studio dei progetti, della produzione, della distribuzione e della vendita in questi ambiti chiave possono contribuire anche a dar luogo alle modificazioni necessarie in altri settori rimasti al traino, come per esempio quello della ceramica artigianale.
Il trasferimento dal materiale al virtuale e il deficit di senso che ne risulta
Di fronte al mondo virtuale che assume un ruolo sempre più importante nella società del XXI secolo, il mondo materiale, ovvero la produzione di oggetti concreti, ha il vantaggio di rispondere a uno dei bisogni essenziali degli esseri umani, quello che coinvolge la sensualità. Il senso del tatto resta, per la percezione umana, il primo vero contatto fisico con la realtà concreta del nostro ambiente, in opposizione all'illusione di un tale contatto per mezzo del virtuale, che invece appartiene alla sfera del visibile, ma anche a quella dell’astratto. La perdita della sensibilità tattile è un problema ancora completamente ignorato dal mondo dell’elettronica, quando invece ha come conseguenza diretta una perdita molto più generale di sensibilità che influenza molto negativamente la capacità di comunicazione tra esseri umani. Si sa, infatti, che lo sviluppo della personalità e la sua evoluzione verso la maturità sono legati molto direttamente alla finezza sensoriale. In questo contesto, l'artigianato può dunque essere un utile riferimento per affermare che la pratica, il lavoro realizzato a mano, così come il suo apprezzamento da parte degli acquirenti di oggetti artigianali, hanno un effetto fortemente positivo sullo sviluppo del senso del tatto, non soltanto a beneficio di coloro che realizzano tali oggetti, ma allo stesso modo di coloro che li utilizzano.
L'artigiano, esempio positivo che rappresenta l'unità creatore – ingegnere - esecutore
Uno degli aspetti che mi appassionano nella pratica artigianale è l’insieme costituito da questo “saper-fare”, in cui progetto e realizzazione sono riuniti nelle medesime mani. L'oggetto artigianale si definisce come «lavorato artigianalmente, quindi con un procedimento che ricompone i momenti singoli in un progetto e in uno schema esecutivo unico» (Vittorio Fagone), vale a dire che l'oggetto è progettato e realizzato nella sua integralità dalla stessa persona.
La separazione tra il momento della concezione del lavoro manuale e le sue specializzazioni era tuttavia già cominciato all’epoca del Rinascimento italiano e a questo riguardo la bottega del ceramista Della Robbia durante il Rinascimento fiorentino è un ottimo riferimento; vi si praticava già il principio d'associazione per mezzo di un sistema di coordinamento delle differenti specializzazioni. Questo sistema si fondava su un’organizzazione della produzione di oggetti diversa da quella artigianale, determinata dall'assemblaggio di pezzi specifici. Il concetto di base era il raggruppamento delle specializzazioni necessarie alla produzione di medie e grandi serie. Sono proprio le tecniche di produzione in gran quantità di oggetti dello stesso tipo che fanno la differenza tra artigianato e industria, poiché l'industrializzazione possiede propri sistemi di pianificazione, di strumentazione, di organizzazione e ha propri ritmi produttivi, diversi da quelli dell'artigianato.
Più l'attività di una sola persona è complessa, più numerosi sono i diversi ambiti che tale persona deve collegare, migliore è perciò la sua visione globale, non soltanto rispetto alla produzione dell’oggetto, ma anche al senso da attribuire all'oggetto così realizzato. Questa ampia conoscenza delle pratiche relative ai diversi campi aiuta il creatore a rispondere meglio alla domanda, sia nell’ambito della produzione sia in quello dell’utilizzo pratico. Questa assenza di specializzazione permette di trasferire i saperi da un settore all’altro e, proprio per questo, di moltiplicare le possibilità di combinazione che è alla base del principio d'innovazione, mentre invece l’estrema specializzazione spinge spesso verso l'uniformazione del pensiero e persino verso una certa alienazione per la sua continua ripetitività.
Il deficit culturale dell'artigianato in materia di attualizzazione del linguaggio
Una delle maggiori difficoltà che incontrano le professioni artigianali rispetto all'innovazione riguarda le competenze legate allo sviluppo dell'iconografia e al suo rinnovamento. Solitamente, per lo più, si tratta di una mancanza di riattualizzazione dei linguaggi utilizzati negli ambiti dove esse si esercitano, una lacuna che porta la produzione a basarsi su modelli storici superati e senza grande interesse per il mercato contemporaneo. Per questa mancanza di attualizzazione, purtroppo spesso deliberata, l'artigianato ripiega su una produzione che rivela la sua mancanza di conoscenze culturali attuali e la sua sintomatica perdita di contatto con l'evoluzione delle tecniche più recenti. Se da un lato è esatto che l'introduzione d'innovazioni radicali nel settore artigianale può recidere in parte le radici tradizionali della produzione e far così perdere certe tecniche antiche che non vengono più trasmesse alle nuove generazioni, dall’altro bisogna convenire che per l’artigianato è tuttavia indispensabile seguire il corso dell'evoluzione generale del processo di civilizzazione, per esempio adattandosi alle condizioni delle nuove tecnologie e sottomettendosi a una costante attualizzazione del suo linguaggio. La sfida consiste nel riformare le professioni artigianali riuscendo a preservare la loro identità e le loro specificità particolari, quelle che le differenziano dalla pratica e della produzione del design industriale. Più che una questione di investimenti materiali, è una questione di mentalità a essere, prima di tutto, all’origine delle difficoltà che incontrano gli artigiani per progredire in direzione di una produzione artigianale avanzata. Nel lungo termine, soltanto un artigianato adattato alle esigenze e alle condizioni della società postindustriale attuale avrà ancora la possibilità di trovare un orizzonte e una produzione soddisfacenti, paralleli a quelli della produzione industriale, che dal canto suo non se ne priva. In questo caso, si può anche sperare e immaginare una combinazione dei due settori produttivi.
Questa evoluzione verso una concezione più produttiva dell'artigianato, costituirà un autentico momento di qualità che rivelerà un altro tipo d'artigianato, diverso da quello che conosciamo oggi. Questa è la grande sfida che l'artigianato non potrà eludere nei prossimi decenni.
Salvaguardare la propria autonomia è proteggere la propria libertà
La salvaguardia della propria autonomia di fronte alle esigenze dei produttori e del mercato è una questione critica alla quale il design dei prodotti non riesce ancora a dare risposte soddisfacenti dotate di una reale concezione etica. Ettore Sottsass affermava con ragione che il designer è prima di tutto al servizio dell’essere umano, ponendo la questione chiave : «noi esistiamo per servire l'industria o per progettare per la gente ?» il fatto che essa sia posta da un designer industriale così rinomato come Sottsass mette in evidenza un malessere che tocca la professione nei suoi rapporti tra produzione e consumatore. Ciò che era ben chiaro e faceva parte integrante della filosofia del design all’inizio degli anni Sessanta, è che allora era al centro delle preoccupazioni del designer. Egli, però, si è poco a poco allontanato dalla realtà di quel momento, sotto l’influenza d’un movimento che ha favorito la produzione industriale, troppo spesso senza altre motivazioni che di produrre a tutti i costi e senza limiti, per soddisfare le esigenze d'una classe dirigente focalizzata sulla prosperità d'un sistema economico divenuto autonomo, esistente quasi solo da e per se stesso. Uno dei problemi che il design di prodotti deve perciò affrontare oggi è proprio quello di sbarazzarsi della sua dipendenza da questo sistema e di riprendersi un’autonomia che gli permetta di creare in modo responsabile secondo diversi criteri fondamentali: in modo etico, ecologico, sociale, ma anche evitando di favorire un consumo falso, ottenendo così un livello autorità e di rispetto che costringa al dialogo. La tendenza attuale al sovraconsumo ha effetti negativi ben noti quando promette comportamenti che alimentano la dipendenza dei consumatori, o quando essa mira a porsi al centro della loro attenzione, acquisendo così lo statuto di simbolo, un fenomeno che i produttori di oggetti di design generano molto spesso, più o meno coscientemente.
Si potrebbe fare la stessa osservazione rispetto agli oggetti della produzione artigianale. La tendenza ad associarsi al potere economico è tuttavia considerevolmente attenuata dal fatto che la professione artigianale non è riconosciuta come vera interlocutrice, come avviene invece per gli industriali, cosa che lascia quindi all’artigiano maggiore libertà. Nel caso dell'artigianato si parla di un’ «arte seconda», mentre il design di prodotti è considerato come il sismografo dell'evoluzione della società industriale e viene perciò classificato tra le «arti maggiori». Questo fenomeno non costituisce in questo caso uno svantaggio. Quantunque siano parimenti organizzati in associazioni corporative, gli artigiani mi sembrano più aperti nell’affrontare le condizioni economiche, e meno dipendenti dalla politica degli organi ufficiali. L'artigiano, malgrado i numerosi svantaggi che è costretto a subire, resta molto attaccato alla sua professione, non soltanto perché egli
conserva davvero il ruolo di creatore, ma soprattutto perché crede fortemente al senso del suo lavoro e al valore dell’opera da lui prodotta, in particolare grazie alla soddisfazione che questa gli reca. Questa è anche la ragione per la quale, malgrado gli ostacoli, egli continua a praticare la sua professione con slancio, anche se in condizioni materiali spesso precarie. In molti casi, l'artigiano resta un idealista fiero del suo saper-fare. Inoltre, questo gli permette più facilmente di accostarsi a un programma etico e di metterlo in pratica.
L'oggetto artigianale non è né un oggetto d'arte, né un oggetto di design; come definirlo?
Situata tra il prodotto di design e l'oggetto d'arte, la creazione artigianale deve definire a livello teorico la sua posizione e assumerla. L'artigianato non è né arte, né design di prodotti, nonostante sia di fatto prossimo a entrambi gli ambiti. In tutti i mestieri artistici c’è senza dubbio una parte puramente artistica, senza che per questo il prodotto finale entri nella categoria degli oggetti d'arte. Il conflitto tra arte e design si è accentuato dopo il dibattito interno alla scuola di Ulm, all’inizio degli anni Sessanta ; secondo l’opinione di Max Bill, primo rettore della scuola, la professione si oppone a una concezione artistica del design. Questa tendenza è attiva ancora oggi e interessa l'insieme delle professioni del design. Per i designer, l'artistico è un orientamento che è meglio evitare per preferirgli un’estetica più razionale e controllabile. Pertanto, è difficile per la critica mettere in evidenza il fatto che il design, come tutta la produzione dei beni materiali, è influenzato dalle tendenze artistiche del momento. Un ostacolo tipico della teoria attuale del design razionalista consiste nel volere a tutti i costi liberarsi di una tale logica artistica.
La libertà conquistata dalle arti applicate permette loro di esprimersi molto più liberamente. Si contano infatti molti artisti in questo settore e i rapporti tra arte e concezione del prodotto sono più fluide. Le immagini che contrassegnano la ceramica d'Albisola, per esempio, portano l’influenza del passaggio di artisti come Fontana, Manzoni o Jorn, e sono stati essi a conferire alla produzione locale il suo linguaggio specifico. Dal punto di vista dei metodi di concezione del prodotto, la creazione artistica è un processo che non corrisponde assolutamente a quello del design di prodotti, e nemmeno a quello di un prodotto artigianale d'uso quotidiano. Quest’ultimo implica infatti un approccio che integra parametri molto specifici, come il tipo di materiali selezionati, l'uso cui l’oggetto è destinato, la qualità tattile (Greifbarkeit), l’identificazione dell'oggetto con la sua funzione, la lettura percettiva dell'oggetto secondo il simbolismo formale che vuol comunicare il suo autore, le restrizioni dovute al tipo di strumenti utilizzati per la sua realizzazione, i riferimenti alla tradizione locale, eccetera, tutti criteri difficilmente applicabili a un’opera d'arte, e solamente in parte applicabili agli oggetti di design. Perciò, è indispensabile definire dei chiari confini tra queste tre sfere, benché esse conservino evidentemente delle corrispondenze evidenti, e definire per ciascuna di esse criteri e parametri intrinseci specifici.
Il ruolo della Biennale della Ceramica di Albisola
La Biennale di Albisola può avere un ruolo importante in questo contesto, nel momento cruciale della ricerca teorica di una definizione di ciò che è realmente l'artigianato del XXI secolo.
Radicata in un luogo fortemente impregnato dal movimento astratto e gestuale dell'art brut degli anni Cinquanta, a sua volta adagiato su un passato futurista, la ceramica di Albisola è per lungo tempo rimasta una produzione anonima. Alla crisi generale dell'artigianato, si è aggiunta quella causata da una produzione troppo irrigidita sui suoi valori locali. È merito della Biennale della Ceramica di Albisola l'aver saputo riconoscere questo deficit per intraprendere un tentativo di mediazione tra arte, artigianato e design, facendo appello ad autori provenienti da questi tre ambiti. Questo progetto si basa sulla produzione di prototipi passibili di far nascere una collezione d'oggetti d'autore commercializzabili. Vista l’alta qualità degli oggetti prodotti e la fama di una buona parte degli autori impegnati in questo progetto, l’idea di una collezione «Ceramica Contemporanea made in Albisola» mi sembra davvero possibile e commercialmente promettente, se tuttavia saprà produrre una prospettiva distributiva a sua misura.
Questo banco di prova albisolese, in cui gli organizzatori si sono presi essi stessi dei grandi rischi, costituisce un test importante per le capacità di produzione locali, ma anche per la selezione delle tecniche di produzione più adeguate, che permetterà di assicurare il passaggio da un’arte in cui si realizza tutto a mano all'utilizzo di tecniche di tipo artigianale riattualizzate secondo una prospettiva semi-industriale, o per lo meno di piccola serie, emancipandosi così dall’idea di pezzo unico. Il fatto che alcuni pezzi abbiano dovuto già essere realizzati in sinergia con altri centri di produzione ceramica, a causa delle carenze tecnologiche della filiera produttiva locale, è un primo indicatore del fatto che la Biennale della Ceramica di Albisola non rappresenta soltanto un’operazione di restauro dell'immagine e della fama di questa regione italiana, ma è anche una piattaforma di confronto con questi altri centri di produzione della ceramica, ugualmente toccati dalla crisi ma che si sono però rivelati abili a ricoprire altri impieghi artistici e commerciali e a garantire così un futuro migliore all'artigianato della loro regione.
In questo periodo di globalizzazione, la soluzione è evidentemente l’apertura, la cooperazione e la modernizzazione, mantenendo lo sforzo di progredire attraverso un’interconnessione sui tre livelli regionale, nazionale e internazionale. È qui, a parer mio, la risposta adeguata ai problemi che si pongono oggi. Ecco perché l’iniziativa di questa Biennale non deve limitarsi alla regione Liguria, ma deve aprirsi ai contatti internazionali, cosa che avrà come conseguenza di far conoscere meglio questa regione e i suoi prodotti all’estero, divenendo così un mezzo di comunicazione per il comune d’Albisola, per la regione e per il paese che essa rappresenta. Ben inteso, tutto questo è realizzato su una scala ancora modesta, ma che è destinata a prendere rapidamente spazio. Essa rappresenta un aiuto sia per l'artigianato che per l'industria locali. Associarsi al made in Italy, già celebre nel mondo intero, giocando la carta della qualità e dell'innovazione nell’ambito dell'artigianato associato all'arte e al design, ecco la sfida che si dà questa edizione della Biennale della Ceramica di Albisola, un progetto che merita il sostegno deciso delle istituzioni locali e nazionali, che però non si mostrano ancora sufficientemente presenti in questa prospettiva. Bisogna, infatti, sottolineare a qual punto la Biennale della Ceramica di Albisola sia un fattore dinamico ed economicamente stimolante per tutta la regione.
Le ultime edizioni di questa manifestazione hanno messo in evidenza una serie di prodotti che meritano un’esposizione continua. Con le prossime edizioni, sembra che la Biennale della Ceramica d'Albisola sarà in grado di raggruppare un gran numero di oggetti di qualità e parimenti anche dei prototipi dal forte potenziale precursore nel panorama del design e dell'artigianato europeo. Bisogna dunque prevedere fin d’ora un luogo in cui preservare e presentare questo capitale culturale, creando nella regione un futuro museo della ceramica. Un progetto di una tale ampiezza culturale, con le sue ricadute economiche e turistiche, merita una migliore messa in valore. Questa è una delle motivazioni evidenti del mio interesse e del mio sostegno a questa edizione della Biennale d’Albisola.
Testo pubblicato nel catalogo della IV Biennale di Ceramica nell'Arte Contemporanea “Cambiare il mondo con un vaso di fiori”, Corraini Edizioni, Mantova (Italia), 2010.